domenica 27 aprile 2014

Melville e Jarmush: etica samurai e morale occidentale


La prima volta che ho visto Ghost Dog di Jim Jarmush sono rimasto affascinato dall'assurdità della storia e dalla interpretazione di Forest Whitaker, davvero magistrale; ma è solo rivedendolo di recente che mi sono reso conto dell'omaggio del regista americano a Le Samourai di Jean Pierre Melville, con un Alain Delon da mito. Due opere "Faraway so close": come si può accostare Whitaker a Delon e Parigi a (credo) Atlantic City?


Il titolo: entrambi si richiamano alla figura del guerriero giapponese fin dal titolo, Jarmush però ci mostra un Samurai consapevole del proprio ruolo ed anche della propria acronicità, Melville invece non ci dà alcuna informazione, Jef Costello non filosofeggia, semplicemente è (un'attitudine molto da samurai, peraltro).
Costumi
Entrambi i killer vestono in modo anonimo: negli anni 60 di Alain Delon il killer indossa distintissimi completi grigi con cappello e impermeabile, trenta anni dopo Forest Whitaker è in total black, con stivali a pantaloni militari, felpe col cappuccio e collane d'oro hip hop, perfetti per la degradata periferia di una metropoli americana. Entrambi agiscono indossando guanti di cotone bianco e amano spostarsi a bordo di auto di lusso rubate (Jef divide con me la predilezione per la Citroen DS, mentre Ghost Dog ama cambiare) utilizzando il meglio della tecnologia a loro disposizione: un mazzo di grimaldelli per Jef, un decoder elettronico per il suo omologo d'oltremare.
Musica
Oltre ai personaggi in entrambi i film è fondamentale il ruolo della musica: in Melville sembra quasi sostituire gli sporadici dialoghi, mentre in Jarmush è un commento costante alle situazioni. Meravigliose le lunghe suite minimaliste di François de Roubaix, musicista francese specializzato in colonne sonore, per il film francese e coinvolgente l'hip hop di RZA per contestualizzare Ghost Dog.


Animali
I samurai hanno un rapporto particolarmente affettuoso con i volatili, bestie intelligenti e silenziose: Ghost Dog, che ha un profondo rispetto per tutti gli animali (vedi l'episodio dei caccaitori di orsi), dispone di uno stormo di piccioni viaggiatori, mentre Jef possiede un canarino che lo avvisa in caso di presenze poco gradite.
Amici
Una differenza importante è rappresentata dal rapporto con la società: Ghost Dog è perfettamente inserito nella società, rispettato dalle persone del suo quartiere ed ha ben due amici, il gelataio francofono (interpretato dall'attore ivoriano Isaac de Bankolé) con cui riesce a stabilire una comunicazione che supera le difficoltà linguistiche e la piccola Pearline (Camille Winbush), con la quale si intrattiene parlando di letteratura. Jef, al contrario, può contare solo sulla bionda Nathalie Delon mentre è molto più ambiguo il rapporto con la pianista di night Valérie (Cathy Rosier
I cattivi
I gangster mandanti di Jef sono rappresentati come uomini di affari che si avvalgono di killer come braccio armato, restando freddi ed efficienti, i mafiosi a cui è legato Ghost Dog sono fumettistici italoamericani (le cui azioni sono infatti introdotte da cartoni animati).
Killer
Sia Jef che Ghost Dog, infine, sono letali: agiscono senza pietà e senza rimorso eppure non sono dei sadici, non provano alcun piacere nell'uccidere e dimostrano un contraddittorio rispetto per la vita. Del resto chi meglio di un killer è in grado di capire il valore di una vita? Nel confronto però Ghost Dog è molto più "tecnico", usa diversi tipi di arma e dimostra una notevole fantasia nei modi di raggiungere il suo obiettivo, Jef è più semplice: una revolverata e via.

 

Il film di Melville è tratto dal romanzo The Ronin di Goan McLeod, Jarmush va direttamente alla radice traendo ispirazione dall' Hagakure di Yamamoto Tsunetomo, il vademecum del vero Samurai scritto in giappone nel settecento. Pur separati da trenta anni i due film declinano lo stesso tema, in accordo con la sensibilità del momento e del luogo di produzione: di fronte ad un mondo di morale senza etica (dove ad esempio i "datori di lavoro" decidono di eliminare i killer a causa di un imprevisto durante l'esecuzione di una missione) l'unica risposta è nell'etica senza morale. Killer sì, ma pur sempre seguendo un codice rigoroso, fino alle estreme conseguenze.
Senza tema di spoileraggio, in entrambi i casi la malavita vince, perchè sappiamo che il mondo funziona così; le figure di Jef e Ghost Dog però ne escono trionfanti perchè a differenza di tutti gli altri scelgono di essere artefici del proprio destino. Per un vero samurai ci sono cose assai peggiori della morte, per esempio venire meno alla fedeltà a se stessi.
E chissà che anche in questi giorni, magari in modo meno violento non ci sia qualcuno disposto a raccogliere il testimone di una ribellione (magari in un modo meno violento) che fa del valore etico un fine, oltre che un mezzo per combattere un mondo tanto più moralista quanto più si va svuotando di significato.


1967 - Frank Costello faccia d'angelo (Le Samouraï)
Regia: Jean-Pierre Melville
Musiche: François de Roubaix
Production design: François de Lamothe

1999 - Ghost Dog Il Codice del samurai (Ghost Dog: The Way of the Samurai)
Regia: Jim Jarmush
Musiche: RZA
Costumi: John A. Dunn


martedì 22 aprile 2014

I'll be back!


Prendo in prestito una celebre battuta di Schwarzenegger e una foto da Senti chi parla per tranquillizzare i pochi ma affezionati lettori. L'11 aprile scorso è arrivato (non si può dire fosse esattamente una sorpresa) Michele, un piccolo puledrino ancora non parlante che sta assorbendo tutto il mio tempo, il blog per ora può aspettare.

Non so bene come farò a seguire le nuove uscite nei prossimi mesi, sarà forse l'occasione buona per provare le infinite potenzialità dello streaming, probabilmente ritmo e tipo dei post cambieranno.

Ma tornerò, anche se a qualcuno suonerà più una minaccia che una promessa, perché ho ancora un sacco di cose da dire e una gran voglia di scrivere. Però adesso ho sonno!

F.T.T.M.

mercoledì 9 aprile 2014

Her


Di Spike Jonze e del suo talento per i video musicali ho già parlato; finalmente posso parlare del suo talento di cineasta. Her, la sua ultima fatica, è un film spiazzante, apparentemente minimalista, in realtà pieno di citazioni, richiami e idee originali; il tutto impacchettato in confezione superlusso con fotografia, scenografia, costumi e musiche di assoluto spessore artistico.


La storia, ambientata in un'epoca futuribile ma non così lontana dalla nostra, è quella di Theodore un uomo che si guadagna da vivere scrivendo lettere (su carta) per conto dei clienti di un sito web. Tehodore scrive lettere emozionanti e piene di passione anche se nella vita privata è reduce da una dolorosa separazione che lo confina in una vita solitaria e priva di reali contatti umani, se si eccettua la fedele amica Amy.
Un giorno Theodore acquista un nuovo sistema operativo per computer, OS1, che si caratterizza per avere una altissima interattività, al punto di essere pubblicizzato come un sistema dotato di coscienza. Il software, in effetti, si spinge oltre le promesse: Samantha, questo il nome scelto dal sistema operativo, inizia una vera e propria relazione sentimentale con Theodore. Inutile dire che la cosa creerà problemi a tutti e due.


Joaquin Phoenix interpreta il protagonista, Theodore, sicuramente è l'attore giusto per questa parte. I baffetti lo fanno assomigliare in modo inquietante a Kevin Kline, i pantaloni a vita alta sono gli stessi che indossava Higgins, il maggiordomo della serie Magnum P.I.. Amy Adams è Amy, l'amica di sempre di Theodore, una creatrice di videogiochi che vorrebbe fare la documentarista, insoddisfatta di sè esattamente come Theodore, anche lei troverà conforto in un OS. Rooney Mara è la ex moglie Catherine. Agli occhi di Theodore affascinante quanto un OS, ma un po' meno controllabile. Olivia Wilde è la ragazza con cui Theodore ha un appuntamento al buio: sola ed alla ricerca di amore, come tutti in questo film.
Scarlett Johansson dona la propria voce, sexy ma ironica, a Samantha, l'OS di cui si innamora Theodore.


Grandissima attenzione a scenografie e costumi; lo stile generale è minimalista un po' radical-chic; grande cura dei materiali, legno, vetro e alluminio per le scenografie, cotone naturale per i costumi. La palette colori per i costumi prevede pochi colori molto ricorrenti: rosso (salmone, arancio, zucca...), giallo (limone, sabbia, crema...), verde e grigio. Mancano totalmente oggetti che consentano una collocazione temporale precisa: non ci sono automobili (Theodore si sposta in treno ma si vede solo l'interno), non ci sono accessori di moda (cinture, orologi, etc...). Il team tecnico è formato da collaboratori di lungo corso di Jonze, più Hoyte Van Hoytema, che ha curato la fotografia di film come Lasciami entrare, The fighter, La talpa.


Stilisticamente di tanto in tanto il film ricorda qualche passaggio dell'ultimo Malick (ad esempio The tree of life) nelle solarizzazioni e nei toni di voce sussurrati.
L'OS1 di Her nel modo di parlare ricorda in qualche modo HAL 9000, ma probabilmente ha molti padri: Ghost in the shell per la facilità di integrazione del pensiero artificiale nel mondo umano, A.I. per la possibilità che hanno le macchine di provare sentimenti, per esempio. Jonze sa coniugare la visione poetica con una estetica straordinaria e un sottile sense of humour. Il suo mondo futuribile non è così diverso dal nostro presente: le persone sono sole, disperate, impaurite dai propri sentimenti: in fin dei conti è più semplice stabilire un rapporto con un essere tecnologico piuttosto che affrontare i rischi di un rapporto con una persona reale. Il tema mi pare tutt'altro che in anticipo sui tempi.

Quel che di spiazzante che ha il film è probabilmente la consapevolezza che, pur non avendone ancora (totalmente) sviluppato la tecnologia, siamo già ora come i personaggi di Her e, come loro, sappiamo benissimo che la tecnologia può renderci la vita più facile, ma difficilmente riuscirà a cambiarci nel profondo.
Non saprei dire di preciso quale corda riesce a toccare Jonze, però ho notato che alla fine della proiezione praticamente tutte le coppie presenti in sala si sono baciate. Il fatto mi è parso notevole.


2014 - Lei (Her)
Regia: Spike Jonze
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Musiche: Arcade Fire
Scenografie: K.K. Barrett
Costumi: Casey Storm

giovedì 3 aprile 2014

Captain America - The winter soldier


Fra tutti i film dedicati all'universo Marvel il primo capitolo dedicato a Captain America era uno dei più riusciti sotto l'aspetto cinematografico: avrebbe funzionato anche se Steve Rogers non avesse avuto i superpoteri. Molto difficile confermare lo stesso esito anche per il secondo episodio, Captain America - The Winter Soldier, tuttavia il sequel è più che dignitoso e si permette alcune scene da vera pelle d'oca come l'attacco a Nick Fury: fumettistico, drammatico e divertente al tempo stesso.


In questo secondo capitolo ritroviamo Steve Rogers impegnato a rimettersi al passo coi tempi e a tenersi in forma con il jogging. La sua tranquilla routine viene spezzata da una missione per conto dello SHIELD in seguito alla quale perderà tutte le sue certezze. Abituato ad un mondo duale, in cui era molto facile distinguere i buoni dai cattivi, Captain America si risveglia dall'ibernazione in un mondo in cui i confini tra il bene ed il male, sono quasi indistinguibili e per sapere chi sono i buoni bisogna, per citare una battuta del film, aspettare di vedere chi è che gli  spara addosso. In questa avventura al supereroe wasp si uniscono Natasha Romanoff, in arte Vedova Nera e un coraggioso reduce dell'Afganistan, Sam Wilson, in arte Falcon. Il soldato d'inverno è un antagonista perfetto e dotato di un invincibile braccio di metallo, personaggio assai diverso rispetto ai fumetti, sviluppato assai poco dalla sceneggiatura.


Chris Evans torna nei panni di Steve Rogers/Captain America, oltre alla fisicità riesce a dare di quando un insospettabile tocco di humour. Alla fine resta il bravo ragazzone americano che beve latte e si sacrifica per il suo Paese. Scarlett Johansson nella sua interpretazione di Vedova Nera è meno felina che in The Avengers, in compenso scopriamo qualcosa di più su questo enigmatico personaggio, Samuel Jackson ha preso possesso dell'immaginario di Nick Fury (che nei fumetti è bianco e biondo), duro, spregiudicato e feroce. Robert Redford "a sorpresa" interpreta Alexander Pierce, un ambiguo dirigente dello SHIELD: le rughe non ne intaccano il talento.
Alcune scene, come il già citato attentato a Nick Fury, ma anche la battaglia sugli helicarrier denotano una perizia tecnica di primissimo livello; se si considera che il precedente film dei fratelli Russo è stato la commedia Tu, io e Dupree è lecito un pizzico di sorpresa. "Classica" ma di soddisfazione la scena dell'imboscata in ascensore (Cap che tira su lo scudo come se fosse uno skateboard è molto fico)


Il primo film di Captain America raccontava la nascita del personaggio negli anni 40, un'epoca che offre un'iconografia spettacolare e una percettibile opportunità di salvare il mondo dalla catastrofe. Arrivati ormai negli anni 2010 dal punto di vista estetico non si può più contare sulle divise naziste, da quello narrativo c'è continuamente il dubbio che i buoni siano in realtà i cattivi. La sceneggiatura punta infatti sull'ambiguità divicende di attualità come lo scandalo delle intercettazioni NSA e sul conseguente disorientamento dell'opinione pubblica; analogamente lo SHIELD ci serve, o si sta servendo di noi?
I fratelli Russo approcciano il film correttamente, con piglio da thriller e l'aggiunta di qualche bella scazzottata; gli attori a disposizione sono diretti con maestria: Scarlett Johansson è sempre un bel vedere ma con in più una punta di intelligenza, Robert Redford è ancora affascinante pur con tutte (quante!) le sue rughe.
Viene da chiedersi se i due fratelli Hollywood non potrebbero proprio essere meglio sfruttati come autori che come produttori di serial tutto sommato poco memorabili (Happy endings e Community).
So bene di aver dichiarato che la Marvel sta iniziando a stufare, uscendo spesso con titoli che si rivelano assai sotto le aspettative, come Iron Man 2 o il recente Wolverine l'immortale, però ogni volta ci ricasco e di tanto in tanto vengo anche sorpreso positivamente, come in questo caso.


2014 - Captain America - The Winter Soldier
Regia: Anthony e Joe Russo
Sceneggiatura: Stephen McFeely, Christopher Markus
Costumi: Judianna Makovsky