venerdì 18 maggio 2012

Dark Shadows - ritratto di famiglia con vampiro



Dopo il per molti versi deludente Alice in Wonderland ero molto nervoso all'idea di andare a vedere l'ultima fatica di Tim Burton, Dark Shadows. Il progetto in sè sembra rischioso: la pellicola è ispirata ad una serie TV (credo) mai sbarcata in Italia, il protagonista è un Johnny Depp per l'ennesima volta truccatissimo, la presenza di Helena Bonham Carter  fa tanto moglie del regista "raccomandata". Insomma ce n'è più che abbastanza per mandare tutto in vacca, e invece ancora una volta Burton si conferma un regista hors categorie. Nonostante l'abbia visto in una serata di grande sonno con alle spalle il week end più faticoso dell'anno, sono rimasto incollato alla poltrona senza perdermi un solo attimo del film.


Intendiamoci, non siamo ai livelli di follia pura di Mars attacks! nè alle vette di lirismo di Big fish e neppure alla visonarietà di La fabbrica del cioccolato: quello di Dark Shadows è un Burton forse meno eccessivo, però più maturo (del resto alla soglia dei 55, si suppone che lo sia, maturo). Nessuno come lui si è dimostrato capace di avanzare una critica così aspra del conformismo sociale, al ribaltamento dei valori. Nessuno nè prima nè dopo di lui è stato altrettanto in grado di farci vedere il lato profondamente umano di un vorace e spietato vampiro. Nessuno, ancora, denuncia in modo così evidente le meccaniche della strumentalizzazione dell'opinone pubblica.


Gli attori mi sono piaciuti tutti: Johny Depp nel ruolo di Barnabas Collins, il vampiro che ritorna a casa dopo essere rimasto sepolto "vivo" duecento anni non gigioneggia troppo. Eva Green (già Vesper Lynd in 007 Casino Royale) non solo è molto bella, ma con tutta evidenza è anche pericolosa. In qualche modo vi trovo comunque una somiglianza fisionomica con Lisa Marie, ex moglie di Burton, fossi la Bonham carter ci penserei su... Rivedere Michelle Pfeiffer in una pellicola di serie A è semplicemente un piacere, lo stile non è acqua (forse è sangue, direbbe Barnabas). Un plauso alla scelta di Bella Heatcote, angelica nel doppio ruolo Victoria/Josette. Il ruolo della dottoressa Hoffman per Helena Bonham Carter è normale amministrazione, e lascia aperto lo spiraglio ad un sequel. Il capo dei pescatori per chi non se ne fosse accorto è il grandissimo Christopher Lee.


Il film è ambientato negli anni 70, la colonna sonora viene di conseguenza ed è semplicemente strepitosa (come strepitoso è il cameo di un immarcescibile Alice Cooper nel ruolo di se stesso).
La scenografia è evidentemente di ispirazione gotica per la vila dei Collins, mentre l'ufficio di Angelique la strega è moderno e razionalista. L'aspetto di Barnabas è un omaggio al Nosferatu di Murnau, con occhi bistrati e mani grandi e rapaci spesso incrociate sul petto o sul collo.
La cifra del film, come sempre in Burton, è fortemente ironica, eppure le scene horror sono davvero paurose.
Soli non si va da nessuna parte: il vampiro Barnabas ha il bernoccolo degli affari, eppure considera la propria famiglia come la ricchezza più grande, quella che va difesa ad ogni costo. E anche se in definitiva si scopre che persino nelle migliori famiglie ognuno ha una maledizione con cui convive, il fatto che questa venga accettata rende la famiglia un nucleo invincibile ed impermeabile alla omologazione: siamo come siamo e ci va bene così, direbbero i Collins ad un ipotetico intervistatore.
Per la ricchezza esteriore c'è sempre tempo di ricominciare, la vera forza è sapere di avere qualcuno al proprio fianco nonostante tutto.
E poi c'è l'amore, quella sorta di maleficio che quando è desiderio di possesso può mutarci in mostri e quando è rinuncia alle proprie sicurezze rende immortali. E per qualcuno, forse, entrambe le cose al tempo stesso.


Nessun commento:

Posta un commento